Quando pensiamo al futuro

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Quando pensiamo al nostro futuro o al futuro in termini pratici, non siamo consapevoli che siamo nel presente e che tutto ciò che stiamo visualizzando accade solo ora.

Questo significa che in realtà quando stiamo pensando al nostro futuro, stiamo disegnando e creando il nostro presente. Immaginare un futuro pieno di soddisfazioni, risultati positivi, obiettivi raggiunti, significa configurare un atteggiamento ed un conseguente stato d’animo nel momento presente.

Ecco perché possiamo dire che pensare ad un futuro positivo significa già vivere un presente felice. Ed ecco perché possiamo affermare che immaginare obiettivi implica motivare sé stessi. Usare la creatività-libertà per essere sé stessi.

A volte chi attraversa stati emotivi negativi, si proietta in un futuro immaginario, nella speranza di incontrare, nel futuro immaginato, momenti positivi, o nel timore di incontrare momenti negativi. In realtà, ciò che vede è sé stesso che nel presente ha facoltà di dipingere un quadro presente, nel quale può esistere qualcosa di presente, capace di modificare lo stato dell’animo.

(Tale condizione viene a volte identificata con la speranza. Ma la speranza è un’altra qualità. Essa implica come presupposto l’accettazione dei concetti di futuro reale, di fatalismo o di casualità).

Nel momento in cui immagino un futuro migliore sono solo una mente che nel presente interviene sulle proprie percezioni ed emozioni, riconfigurando lo scenario nel presente. Naturalmente tale riconfigurazione costituisce presupposto per la manifestazione di un evento richiesto, desiderato, auspicato. Tale desiderio è la condizione per il manifestarsi di un presente caratterizzato dalle qualità desiderate.

In realtà l’adesso (inteso come quantità temporale, il minuto, l’istante numerico) è un relativo, nella misura in cui l’ente, nell’adesso può manifestare una parte delle proprie potenzialità e non tutte. Per manifestare tutte le proprie potenzialità (finite: se ente finito), ha bisogno di un istante, un adesso, più ampio. Ha bisogno di un istante che abbia la capienza necessaria per mandare in manifestazione tutte le qualità finite che devono essere espresse. Quindi l’adesso, che alla mente sembra non poterle contenere, viene percepito come un relativo incompleto. In realtà, l’adesso continua ad essere sé stesso in un adesso che appare successivo ma che in realtà di successivo non ha nulla, proprio per consentire l’espressione di tutte le potenziali finite dell’ente. Quindi l’adesso avrà una capienza ampia quanto serve all’ente per l’espressione delle sue potenzialità finite. L’elasticità dell’adesso è coincidente con le esigenze di manifestazione dell’ente finito.

Ma se l’adesso ha facoltà di dilatarsi e adattarsi alla esigenza di manifestazione dell’ente, allora l’adesso non può che essere non finito. Sarà infinito in relazione all’ente che lo riempie per manifestare sé stesso e la propria completezza, che in quanto tale, possiamo definire infinita. Quando l’ente manifesta sé stesso nella sua pienezza, oltre tale manifestazione non c’è altra forma possibile. Quindi l’ente è infinito nella propria completezza e con lui, è infinito l’adesso che ne consente la manifestazione.

Per questo possiamo dire che l’istante è infinito. Completo in sé. L’istante è un nanosecondo e al contempo il tempo di manifestazione di tutte le potenzialità universali. Entrambi non hanno una durata misurabile. Misurarli non avrebbe alcun senso.

Quando comprendo questo, ogni istante si ferma. Mi concede di esprimere me stesso; si dilata fino a tutto me stesso e mi contiene fino in fondo. Lo riempirò di me. Non potrei fare diversamente. Ne ho facoltà in piena libertà. Io sono il tempo.

Claudio Venuto

Claudio Venuto

Esperto di comunicazione, intelligenza motiva, automotivazione e miglioramento personale. Fondatore del progetto Realize Yourself®.

Formatore, Personal Coach, Trainer psicologico e Consulente filosofico. Autore, ricercatore.

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